MILANO (MF-NW)--Per la prima volta in circa trent'anni, la disinflazione strutturale di cui soffre il Giappone sta per soccombere. Al fine di consolidare questo obiettivo, la probabilitá che la Banca centrale del Giappone ponga fine ai tassi di interesse negativi nell'immediato è bassa, data l'incertezza sulle prospettive dei prezzi al consumo e dei salari.

UEDA (BOJ): GIAPPONE NON TORNERA' A INFLAZIONE ZERO

"In teoria, l'abolizione della politica dei tassi negativi può avvenire in qualsiasi riunione, ma se ci si chiede se possa accadere quest'anno, mancano soltanto meno di due mesi, anche se non posso dire che tale possibilitá sia nulla", ha commentato il governatore della Bank of Japan, Kazuo Ueda. Il numero uno della BoJ ha ribadito che la Banca continuerá a controllare i tassi di interesse negativi e la curva dei rendimenti fino a quando non sará possibile raggiungere in modo stabile e sostenibile l'obiettivo di inflazione del 2%. "A questo punto, non so quando potremo essere sicuri" di raggiungere l'obiettivo. Per Ueda è improbabile che il Paese nipponico torni verso la deflazione anche dopo l'allentamento della pressione esercitata dall'aumento dei prezzi delle importazioni. "Il tasso di inflazione non tornerá all'intervallo tra lo 0% e l'1%, che era il livello pre-pandemico", perchè si prevede che il circolo virtuoso tra salari e prezzi si rafforzerá, ha puntualizzato Ueda.

BOJ CONFERMA POSIZIONE ULTRA ACCOMODANTE (LA FINANCIERE)

Nella riunione di settimana scorsa la BoJ ha confermato la sua posizione estremamente accomodante in un contesto di inflazione al 3%, lasciando i tassi di interesse di riferimento negativi al -0,1% e mantenendo il limite massimo per il rendimento del titolo di Stato decennale all'1%. "I tassi di riferimento reali - corretti per l'inflazione - si attestano quindi a -3% e quelli reali a 10 anni a circa -2%: un livello di stimolo raramente raggiunto. L'aspetto ancora piú significativo è che l'inflazione, a esclusione dell'energia e dei generi alimentari deperibili, che sono particolarmente volatili, è stabilmente al di sopra del 4% dall'estate, un livello che non si vedeva dal 1981. Da questo punto di vista, gli stimoli sono ancora piú forti", osserva Alexis Bienvenu di La Financiere de L'Echiquier.

CONTROLLO CURVA RENDIMENTI MENO SEVERO

Al contempo, la BoJ ha rivisto il controllo della curva dei rendimenti in modo meno severo, dato che il tetto dell'1% sul rendimento del titolo di Stato decennale è considerato ora un limite flessibile. Nonostante l'allentamento della sistematicitá con la quale verranno messi in atto interventi per evitare che il limite venga superato, la Banca centrale del Giappone resta comunque uno dei pochi istituti centrali a fissare un tetto massimo per questa scadenza. "Possiamo presumere che questo livello non sará messo in discussione almeno fino alla pubblicazione, nell'aprile del 2024, delle sue prospettive di inflazione per il 2026. Anche se le previsioni attuali di inflazione - al netto dell'energia e dei generi alimentari deperibili - per l'anno fiscale 2025 si attestano infatti giá all'1,9%, vicino all'obiettivo di lungo termine, questo orizzonte temporale non basta per pensare a un raggiungimento duraturo dell'obiettivo", spiega Bienvenu, suggerendo che per far sì che questo accada il livello dovrebbe essere anticipato almeno al 2026 e soltanto allora si potrebbe alzare con cautela il tetto sul decennale o abbandonarlo.

KISHIDA ANNUNCIA PACCHETTO DA 17.000 MILIARDI YEN

La BoJ non è sola nella sua lotta per l'espansione fiscale del Giappone. Al suo atteggiamento ultra accomodante si aggiungono infatti le misure di stimolo fiscale promosse dal governo nipponico: il primo ministro giapponese Fumio Kishida ha annunciato che Tokyo spenderá oltre 17.000 miliardi di yen, pari a 113 miliardi di dollari, per un pacchetto di misure volte ad attutire il colpo economico dell'inflazione, che comprenderá anche tagli fiscali. "L'economia giapponese sta vedendo aprirsi una grande opportunitá di passare a una nuova fase per la prima volta in tre decenni", uscendo da una spirale deflazionistica, ha commentato Kishida. "Per questo motivo dobbiamo aiutare le aziende a incrementare la redditivitá e a ottenere ricavi per aumentare i salari".

SFORZI INUTILI SE SALARI NON TENGONO IL PASSO

Ma per Bienvenu tutti questi sforzi monetari e fiscali potrebbero essere inutili se i salari non terranno il passo. "Da questo punto di vista, i sindacati si sono mobilitati. Stando al canale televisivo nipponico Nhk, la piú grande organizzazione sindacale giapponese - Rengo - intende chiedere un aumento salariale superiore al 5% durante il ciclo annuale di negoziati la primavera prossima, anche se non vi è alcuna garanzia che simile richiesta venga accettata da parte datoriale", aggiunge Bienvenu. "L'indagine Tankan svolta presso le aziende prevede un modesto aumento soltanto dei prezzi alla produzione nei prossimi tre anni (3,8% cumulativo), lasciando poco spazio all'aumento dei salari senza intaccare pesantemente gli utili. Tanto piú che l'inflazione nel resto del mondo è in fase discendente".

GIAPPONE PUO' ESSERE MODELLO PER EUROPA

In conclusione, "sebbene le preoccupazioni monetarie del Giappone possano sembrare del tutto sfasate rispetto a quelle della maggior parte dei Paesi ricchi, rivestono grande importanza per il resto del mondo", aggiunge l'esperto, evidenziando che per molti aspetti il Paese del Sol Levante funge da precursore, in Europa soprattutto. "Il declino demografico, l'invecchiamento, la crescita strutturale asfittica, la dipendenza dalle materie prime, l'inflazione troppo bassa, il debito pubblico stratosferico, i salari depressi, i tassi di riferimento in territorio negativo: sono tutti fattori che ricordano il Vecchio Continente". Bienvenu suggerisce che qualora il Giappone riuscisse nella sua audace manovra, fará da riferimento, mentre nel caso in cui dovesse fallire, fará da guida all'Europa su cosa evitare.

gan

gerica.antolini@mfnewswires.it

 

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November 06, 2023 12:03 ET (17:03 GMT)

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