ROMA (MF-NW)--«Andrà in porto». Non ha dubbi Pietro Labriola, amministratore delegato di Tim, sul fatto che l'operazione per lo scorporo della rete e la vendita a Kkr non si fermerà di fronte alle possibili resistenze del primo azionista, i francesi di Vivendi. Un deal storico che potrebbe cambiare definitivamente il volto della compagnia di telecomunicazioni italiana. L'operazione e il futuro di Tim vengono raccontati in questa intervista esclusiva concessa dal suo regista a Milano Finanza e Class Cnbc, accolti nel quartier generale di Roma a pochi giorni di distanza dalla firma dell'offerta vincolante presentata da Kkr.

Domanda. Dottor Labriola, partiamo dai risultati del terzo trimestre: quali indicazioni arrivano?

Risposta. 'Sicuramente positive. Per il secondo trimestre consecutivo abbiamo presentato un ebitda in crescita in Italia. Nel secondo trimestre è salito dello 0,5%, la prima volta dopo cinque anni. Presentare nel terzo trimestre un miglioramento del 3,6% è un evento. Sono molto fiducioso che anche nel quarto trimestre il trend sarà confermato'.

D. L'azienda quindi è in salute?

R. 'No, dire in salute sarebbe troppo forte. Ma i risultati dimostrano perché è corretto il percorso che abbiamo avviato e stiamo intraprendendo. Basta guardare ai numeri: anno su anno aggiungiamo 300 milioni di ebitda che a livello di cassa spariscono, bruciati da 300 milioni di interessi aggiuntivi sul debito. Un fardello che diventa sempre più insostenibile. Basti pensare che nei prossimi tre anni dovremo rifinanziare altri 9 miliardi di debito con i tassi d'interesse che dal 3,7% sono saliti oltre il 7%'.

D. Di quanto dovreste aumentare i vostri ricavi per sostenere il costo crescente del debito?

R. 'Per ogni miliardo rifinanziato avremmo, allo stato attuale, tra i 30 e i 40 milioni aggiuntivi di tassi d'interesse da pagare. Significherebbe un aumento del costo del debito tra i 300 e i 350 milioni di euro. Per recuperare quelle cifre sulla cassa dovremmo aumentare i ricavi di 1-1,5 miliardi. L'attività caratteristica è migliorabile, ma in un mercato tlc come quello italiano è molto complicato. Il fardello del debito va tagliato per risolvere la situazione'.

D. Qui si inserisce il tema dello scorporo della rete.

R. 'Un argomento che non nasce all'improvviso ma è sul tavolo del cda di Tim da quasi vent'anni. Questa è la sesta volta che viene ipotizzata la cessione della rete. La prima volta che se ne parlò fu nel 2006 con il piano Rovati, l'ultima era stata nel 2013. Da allora i numeri sono estremamente peggiorati. Dieci anni fa la differenza tra ebitda after lease e i capex (investimenti, ndr) era di 4,4 miliardi a fronte di un costo del debito di 1,7 miliardi. Nei nove mesi abbiamo registrato 1,3 miliardi di ebitda meno capex e 1,26 miliardi di interessi sul debito. È evidente come la soluzione non sia più rinviabile. Lo scorso weekend il cda ha preso una decisione coraggiosa, ma corretta'.

D. Il confronto con Vivendi è duro. C'è ancora margine per un dialogo o il ricorso in tribunale è inevitabile?

R. 'Sulla stampa alcuni passaggi sono stati estremizzati, come se il tema fosse lo scontro tra le parti e non il futuro di Tim. Ricordo ancora una volta che il progetto di scorporo della rete è stato approvato all'unanimità dal cda a luglio 2022 quando sedeva nel board anche Vivendi. Io sono l'amministratore delegato e devo rispettare il parere di tutti gli azionisti. Più volte ho chiesto un dialogo con gli stakeholder e continuo a farlo. Spero si possa trovare presto una soluzione'.

D. I francesi hanno richiesto alla società i verbali del cda dello scorso weekend.

R. 'Non voglio avere un atteggiamento oppositivo nei confronti del nostro maggior azionista. Ribadisco la necessità di un dialogo con tutti i soci, che abbia al centro l'interesse dell'azienda. Il cda ha seguito un processo rigoroso e rispettoso delle norme di corporate governance e del diritto societario'.

D. La volontà di Vivendi, però, sembra quella di provare a bloccare l'operazione. Cosa succederebbe se trovasse un giudice che ritiene corretta la loro posizione?

R. 'Come detto noi siamo convinti di aver agito correttamente e per questo non prevediamo ritardi o problemi. Il 6 novembre abbiamo firmato un'offerta vincolante che non ci concede possibilità di ripensamento o di uscita'.

D. Se dovesse fare una previsione, ritiene che si riuscirà a evitare lo scontro?

R. 'Il mondo purtroppo va verso le polarizzazioni. Ritengo sia nell'interesse di tutti cercare di convergere. Il dialogo con il nostro primo azionista in questi due anni è stato anche costruttivo e spero ci sia modo di sedersi tutti intorno a un tavolo'.

D. La decisione di non passare dall'assemblea dei soci ha generato critiche non solo da parte di Vivendi, ma anche di un osservatore di prestigio come il Financial Times. Cosa risponde?

R. 'Come spiegato sulle colonne del quotidiano anglosassone dal nostro presidente, Salvatore Rossi, noi dobbiamo rispondere alle leggi italiane'.

D. Tra le osservazioni che vi sono state mosse c'è anche il mancato passaggio dal comitato Parti correlate. Quali sono i rapporti tra Tim, Cassa depositi e prestiti e il Mef?

R. 'Ogni sei mesi, rispettando la normativa vigente, aggiorniamo la lista dei soggetti con cui possono esserci dei conflitti d'interesse. Cdp è stata inserita e quindi per tutte le attività in cui è coinvolta la Cassa dobbiamo seguire l'iter previsto per le parti correlate. Relativamente al Tesoro, invece, c'è stato un ampio dibattito all'interno del consiglio e in base a diversi pareri legali indipendenti il Mef non è stato considerato parte correlata'.

D. Kkr è un fondo americano e tra gli investitori c'è anche il fondo sovrano di Abu Dhabi. Come risponde a chi sostiene che non si può dare in gestione un asset strategico come la rete a soggetti non italiani?

R. 'Su tutte le tematiche della rete esiste il golden power, per cui gli elementi più importanti sono l'indirizzo strategico e la salvaguardia del sistema Paese. Inoltre c'è stata una dichiarazione pubblica del governo, nella persona del ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, che ha ribadito la sua partecipazione all'operazione. Tra golden power e governo l'italianità verrà salvaguardata'.

D. Quindi il controllo della rete sarà a trazione italiana, grazie anche al ruolo di Mef e F2i?

R.'Noi siamo il venditore. A oggi, in base alle informazioni in nostro possesso, fino al momento del closing Kkr manterrà il controllo esclusivo della società che rileverà Fibercop, dove confluiranno le attività di rete. Dal momento del closing in avanti ci saranno discussioni tra i soggetti che potrebbero entrare nel deal, con Kkr che potrebbe cedere una parte delle quote a questi soggetti. Tuttavia, si tratta di questioni sulle quali non abbiamo visibilità. Il punto importante è che l'operazione sarà soggetta al golden power che tutelerà gli interessi dell'Italia'.

D. Il fatto che la catena di controllo di Kkr, come rivelato da MF-Milano Finanza, arrivi in Lussemburgo può rappresentare un problema?

R. 'Abbiamo verificato che sia tutto compliant alle normative vigenti e che l'operazione sia pienamente finanziata'.

D. Quando si arriverà al closing?

R. 'Tra fine maggio e fine luglio'.

D. Quale sarà il destino di Sparkle? Ritiene che si potrebbe arrivare a un accordo nonostante la distanza tra domanda e offerta?

R. 'Sono operazioni che viaggiano parallele e sono estremamente fiducioso che si possa arrivare a una conclusione positiva'.

D. Il progetto sembra essere quello di arrivare alla rete unica. Potrebbero sorgere problemi di antitrust?

R. 'La confluenza della rete con Open Fiber è qualcosa di cui abbiamo letto sui giornali. Pur non sapendo cosa succederà mi sembra che, in base alle dichiarazioni, il percorso sia quello. Voglio ricordare che, se una fusione o una combinazione tra le due società si verificasse entro 30 mesi dal closing, questo porterebbe nelle casse di Tim altri 2,5 miliardi di euro. E quindi il debito passerebbe da 6,2 miliardi a 3,7 miliardi, mettendoci in una posizione finanziaria così privilegiata che ci consentirebbe di valutare se riaprire una politica di dividendo o se utilizzare questa cifra per valutare delle operazioni di m&a per rinforzarci'.

D. Come valuta il piano Merlyn?

R. 'Piano? (ride, ndr). Tim è un'azienda quotata, che ha seguito un processo rigoroso, ha votato un piano industriale oltre un anno fa e con l'aiuto di un gruppo di advisor tra i più importanti al mondo ha valutato quale fosse il processo migliore per ridurre il debito di gruppo. Il cda ci ha spronati più volte a verificare se ci fossero dei piani alternativi seri e che consentissero all'azienda una soluzione migliore rispetto allo scorporo della rete. Non abbiamo trovato una soluzione più conveniente avendo a disposizione tutte le informazioni possibili, cosa che dall'esterno non è possibile fare. Qualcosa vorrà pur dire. D. Torniamo al futuro di Tim'.

D.Il taglio del debito previsto sarà sufficiente a rendere sostenibile ServiceCo?

R. Il piano che avevamo presentato al mercato a luglio 2022, il giorno dopo l'approvazione in cda all'unanimità, prevedeva un deleverage di 16 miliardi. Quella riduzione comprendeva anche la valorizzazione di Sparkle e di una minoranza di Tim Enterprise. Nel corso dell'anno i numeri della ServiceCo sono migliorati al punto che, con un deleverage di 14 miliardi, avremo un rapporto tra debito ed ebitda inferiore a 2 volte, pienamente sostenibile. Quello attuale, per dare un termine di paragone, è superiore a 4 volte. Se completassimo anche la cessione di Sparkle il rapporto si comprimerebbe ulteriormente.

D. Le agenzie di rating stanno valutando un rialzo per Tim.

R. 'Le decisioni di S&P, Moody's e Fitch rappresentano un ulteriore segnale importante sulla bontà della strada che abbiamo intrapreso. Siamo fiduciosi infatti che, nel medio termine, continueremo a migliorare il nostro profilo di credito: dopo la vendita della rete fissa, che porterà a una riduzione del debito di almeno 14 miliardi di euro, contiamo di migliorare ulteriormente la nostra esposizione grazie alla crescita che ci attendiamo per la generazione di cassa, destinata a raddoppiare in quattro anni'.

D. Il metro di paragone è il Brasile, dove la società continua a registrare numeri in crescita?

R. 'I risultati che celebriamo di Tim Brasil derivano dall'acquisizione di Oi. Un'operazione che abbiamo approvato con grande fatica perché le condizioni finanziarie in cui si trovava la società mettevano in dubbio la sostenibilità del deal. Nel 2015 il Brasile era un'azienda che bruciava cassa, mentre dal primo trimestre del 2017 ha avuto un solo trimestre in cui l'ebitda non è migliorato. Qualche giorno fa abbiamo potuto alzare il dividendo previsto per il triennio 2023-2025. Ma la crescita del Brasile è passata da una ristrutturazione del mercato. In Italia, ovviamente, non dovremmo partire da zero, ma dalle basi che abbiamo costruito in questi due anni come testimoniano i risultati in crescita'.

D. Il tema del consolidamento potrà sbarcare anche in Europa quindi?

R.' Di nuovo prendo ad esempio il Brasile. Gli operatori mobili sono passati da cinque a tre, consentendo di recuperare redditività e di conseguenza investire nella rete 5G. In due anni il Brasile ha costruito l'infrastruttura 5G più performante del mondo. In Italia, così come in Europa, ci sono grosse difficoltà ad allocare capex per costruire una rete di alto livello. Per noi compagnie tlc sarebbe facile non investire in questa tecnologia, ma andrebbe a discapito dell'infrastruttura digitale dell'Italia e dell'Europa. Il riequilibrio del mercato è necessario ed è richiesto da tutti gli operatori europei'.

D. In Italia Tim ha oltre 39 mila dipendenti. Come verranno gestiti durante questa operazione? Ci potrebbero essere degli esuberi?

R. 'La nostra azienda usa la leva del prepensionamento da 10 anni. Molti colleghi si sono sacrificati con lo strumento della solidarietà. Tutti gli strumenti giuslavoristici esistenti in Italia per garantire il più possibile la stabilità occupazionale saranno ancora utilizzabili. Sul tema lavoro devono essere ben distinte quelle che saranno le due nuove realtà: Netco e ServiceCo. Sulla rete ci sono quasi 20 mila colleghi, con un'età media di 53/54 anni. L'obiettivo è di concludere la rete Ftth entro il 2030, a cui poi andranno aggiunti altri tre o quattro anni per la migrazione dei clienti. Nel 2034 una parte dei colleghi avranno l'età giusta per andare in pensione senza problemi. Inoltre, Open Fiber ha dichiarato di aver bisogno di assumere 5 mila persone: questo vuol dire che per le attività di rete c'è bisogno di personale'.

D. E sulla ServiceCo invece?

R. 'Si tratta di una realtà in cui ci sono due diverse aziende, Tim Enterprise e Tim Consumer. La prima fattura 3 miliardi di euro, dimensione che nel settore non ha paragoni in Italia, e occupa 5.300 persone. Rimangono 11 mila persone sul segmento consumer. Qualcuno ritiene che siano troppe rispetto ai nostri competitor. Noi abbiamo il 42% di quota di mercato sul fisso, mentre i concorrenti oscillano tra il 10 e il 15%. Sul mobile invece le quote di mercato non sono molto diverse. Dobbiamo però considerare anche tra le 3.500 e le 4 mila persone occupate da Tim sono colleghi di call center, attività che storicamente è interna, mentre non è così per gli altri operatori di settore. Ovviamente tutto può essere più efficiente, ma dobbiamo fare attenzione alle comparazioni'.

D. Il suo mandato scadrà la prossima primavera. Vorrebbe rimanere per portare al closing l'operazione?

R. 'Avendo avviato un progetto così importante sento la responsabilità di portarlo a termine. La mia disponibilità per rimanere c'è, ma non dipende da me. Se gli azionisti vorranno affidarmi un nuovo mandato io sono a disposizione di Tim, per accompagnare l'azienda in una nuova e promettente fase della sua storia'.

D. Alle sue spalle ha le magliette di due grandi campioni, Matteo Berrettini e Marcell Jacobs. Fare l'ad di Telecom richiede essere una persona da cento metri o da cinque set?

R. 'Più da cinque set. Anzi, forse serve essere più Gandhi. Ci vuole tanta pazienza'.

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1308:16 nov 2023

 

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