MILANO (MF-NW)--Per la prima volta in circa trent'anni, la disinflazione strutturale di cui soffre il Giappone sta per soccombere. Per far sì che questo accada, la Bank of Japan sta portando avanti la sua posizione ultra accomodante, al fine di rafforzare l'inflazione e di estenderla non solo alle materie prime o ai prodotti alimentari - che corpoterebbe il rischio di impoverire un Paese importatore - ma soprattutto ai servizi e ai salari, stimolando invece la ripresa dei consumi.

Nella riunione di settimana scorsa la BoJ ha ribadito in effetti la sua posizione estremamente accomodante. La Banca centrale del Giappone, in un contesto di inflazione al 3%, ha lasciato i tassi di interesse di riferimento negativi al -0,1% e ha mantenuto il limite massimo per il rendimento del titolo di Stato decennale all'1%. "I tassi di riferimento reali - corretti per l'inflazione - si attestano quindi a -3% e quelli reali a 10 anni a circa -2%: un livello di stimolo raramente raggiunto. L'aspetto ancora più significativo è che l'inflazione, a esclusione dell'energia e dei generi alimentari deperibili, che sono particolarmente volatili, è stabilmente al di sopra del 4% dall'estate, un livello che non si vedeva dal 1981. Da questo punto di vista, gli stimoli sono ancora più forti", osserva Alexis Bienvenu di La Financiere de L'Echiquier.

Al contempo, la BoJ ha rivisto il controllo della curva dei rendimenti in modo meno severo, dato che il tetto dell'1% sul rendimento del titolo di Stato decennale è considerato ora un limite flessibile. Nonostante l'allentamento della sistematicità con la quale verranno messi in atto interventi per evitare che il limite venga superato, la Banca centrale del Giappone resta comunque uno dei pochi Istituti centrali a fissare un tetto massimo per questa scadenza. "Possiamo presumere che questo livello non sarà messo in discussione almeno fino alla pubblicazione, nell'aprile del 2024, delle sue prospettive di inflazione per il 2026. Anche se le previsioni attuali di inflazione - al netto dell'energia e dei generi alimentari deperibili - per l'anno fiscale 2025 si attestano infatti già all'1,9%, vicino all'obiettivo di lungo termine, questo orizzonte temporale non basta per pensare a un raggiungimento duraturo dell'obiettivo", spiega Bienvenu, suggerendo che per far sì che questo accada il livello dovrebbe essere anticipato almeno al 2026 e soltanto allora si potrebbe alzare con cautela il tetto sul decennale o abbandonarlo.

La BoJ non è sola nella sua lotta per l'espansione fiscale del Giappone. All'atteggiamento ultra accomodante della Banca centrale si aggiungono infatti le misure di stimolo fiscale promosse dal governo nipponico: il primo ministro giapponese Fumio Kishida ha annunciato

che Tokyo spenderà oltre 17.000 miliardi di yen, pari a 113 miliardi

di dollari, per un pacchetto di misure volte ad attutire il colpo

economico dell'inflazione, che comprenderà anche tagli fiscali. "L'economia giapponese sta vedendo aprirsi una grande opportunitá di

passare a una nuova fase per la prima volta in tre decenni", uscendo da

una spirale deflazionistica, ha commentato Kishida. "Per questo motivo

dobbiamo aiutare le aziende a incrementare la redditivitá e a ottenere

ricavi per aumentare i salari".

Ma per Bienvenu tutti questi sforzi monetari e fiscali potrebbero essere inutili se i salari non terranno il passo. "Da questo punto di vista, i sindacati si sono mobilitati. Stando al canale televisivo nipponico Nhk, la più grande organizzazione sindacale giapponese - Rengo - intende chiedere un aumento salariale superiore al 5% durante il ciclo annuale di negoziati la primavera prossima, anche se non vi è alcuna garanzia che simile richiesta venga accettata da parte datoriale", aggiunge Bienvenu. "L'indagine Tankan svolta presso le aziende prevede un modesto aumento soltanto dei prezzi alla produzione nei prossimi tre anni (3,8% cumulativo), lasciando poco spazio all'aumento dei salari senza intaccare pesantemente gli utili. Tanto più che l'inflazione nel resto del mondo è in fase discendente".

In conclusione, "sebbene le preoccupazioni monetarie del Giappone possano sembrare del tutto sfasate rispetto a quelle della maggior parte dei Paesi ricchi, rivestono grande importanza per il resto del mondo", aggiunge l'esperto, evidenziando che per molti aspetti il Paese del Sol Levante funge da precursore, in Europa soprattutto. "Il declino demografico, l'invecchiamento, la crescita strutturale asfittica, la dipendenza dalle materie prime, l'inflazione troppo bassa, il debito pubblico stratosferico, i salari depressi, i tassi di riferimento in territorio negativo: sono tutti fattori che ricordano il Vecchio Continente". Bienvenu suggerisce che qualora il Giappone riuscisse nella sua audace manovra, farà da riferimento, mentre nel caso in cui dovesse fallire, farà da guida all'Europa su cosa evitare.

gan

gerica.antolini@mfnewswires.it

 

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November 06, 2023 09:32 ET (14:32 GMT)

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