ROMA (MF-NW)--Tra il 2017 e il 2019, quando i tassi erano a zero per le mosse ultra-accomodanti della Bce, una batteria di società italiane -nomi noti sul mercato obbligazionario o outsider assoluti- hanno approfittato della finestra per correre a emettere bond a condizioni vantaggiosissime e costi stracciati. Oggi, a distanza di sei-otto anni, questa raffica di titoli di debito sta per arrivare a scadenza, rappresentando una grana non da poco per le aziende o istituzioni finanziarie emittenti.

Questo debito infatti, scrive MF-Milano Finanza, andrà rifinanziato, a condizioni di mercato decisamente diverse: a partire dall'estate 2022 la Banca Centrale Europea ha avviato una serie di strette monetarie che hanno portato i tassi di riferimento al 4,5%, una zavorra pesante per tutte le società che chiedono finanziamenti alle banche o al mercato tramite l'emissione di titoli obbligazionari. I 77 bond in scadenza. Nella tabella in pagina Skipper Informatica ha raccolto le 77 obbligazioni corporate e finanziarie che andranno in scadenza da oggi al primo semestre 2024. Per ognuna di esse sono stati indicati il prezzo, il rendimento a scadenza lordo e netto e il taglio minimo. A prima vista si può vedere come buona parte dei titoli siano destinati a investitori professionali o istituzionali, con tagli minimi da 100 o 200 mila euro. Altra precisazione importante è che, per i bond con scadenze più prossime, nella tabella sono riportati alcuni rendimenti decisamente anomali, superiori al 20%, 50% o anche 300%. Questo perché il calcolo del rendimento a scadenza è sempre espresso su base annua, quindi il rendimento dei titoli che stanno per scadere viene amplificato per uniformarlo e renderlo confrontabile con gli altri bond.

Volti noti e outsider. Guardando i nomi degli emittenti si possono distinguere due tipologie di società. Da una parte i soliti noti del mercato obbligazionario, banche e corporate che hanno molta carta in circolazione sul secondario e piani di emissioni ricorrenti e strutturati. Mediobanca, Enel, Autostrade, Intesa Sanpaolo rientrano in questa categoria. Dall'altra ci sono invece gli outsider, aziende perlopiù industriali che non si configurano come emittenti ricorrenti e per le quali il ricorso al mercato obbligazionario non rientra nell'ordinaria amministrazione. Esempi in tal senso sono Leonardo, Campari, e le società a minore capitalizzazione tra quelle presenti. «L'ipotesi più probabile», osserva Marco Clerici, co-responsabile dell'investment banking di Equita, «è che gli emittenti non ricorrenti con bond in scadenza nei prossimi 12 mesi, in una situazione di tassi stabilizzati come dovrebbe esserlo quella attuale, torneranno sul mercato». Una parte di debito a medio-lungo termine «rifinanziato con obbligazioni collocate sul mercato garantisce loro la flessibilità per ricorrere ai finanziamenti bancari a breve termine».

Ritorno al passato. A giocare a favore degli emittenti c'è la sensazione diffusa che i tassi di interesse siano arrivati al picco e che Fed e Bce siano orientate al mantenimento o a una leggera riduzione. «Questo permette agli emittenti di pianificare il rifinanziamento in uno scenario di tassi alti ma stabili, grossomodo quello a cui abbiamo assistito fino al 2014-2015», spiega Clerici. Un ritorno al passato quindi, nulla che le società emittenti non abbiano già sperimentato. C'è poi un altro aspetto che dovrebbe favorire il ricorso al mercato del reddito fisso. «Le attuali condizioni di mercato del debito», osserva l'esperto, «non sono tanto diverse da quella a cui le banche sono disponibili a finanziare con le stesse scadenze». Non c'è dunque in questo contesto «un significativo arbitraggio tra finanziamenti bancari a medio-lungo termine rispetto alle emissioni obbligazionarie».

Chi soffre di più. Certo, non tutte le società sono in una condizione tale da essere immuni di fronte a un rifinanziamento oneroso.

Juventus ad esempio all'ultimo bilancio riportava un indebitamento finanziario netto di 340 milioni, quasi triplicato su base annua. Il 19 febbraio scadrà il famoso CR7 bond da 150 milioni, emesso nel febbraio 2019 per sostenere i costi legati all'acquisto di Cristiano Ronaldo, e un eventuale rifinanziamento potrebbe essere una zavorra importante per il club. Tuttavia i bianconeri hanno le spalle coperte dall'azionista di maggioranza, Exor, che difficilmente lascerebbe da sola la controllata in difficoltà. Altro caso particolare è quello di Tim, che all'ultima trimestrale ha riportato 21,2 miliardi di debito after lease. Secondo le previsioni però una parte di questa montagna di debito (la società stima 14,2 miliardi) dovrebbe sparire dopo lo scorporo della rete, allentando un po' il cappio che stringe l'operatore tlc. Rischio sistemico? Al di là dei casi particolari, al momento gli esperti non vedono un rischio sistemico a causa dei bond in scadenza. Si prenda ad esempio una società come Campari, che ad aprile 2024 vedrà scadere un bond emesso nel 2019 all'1,65%. Posto che un rifinanziamento dovrà essere fatto a tassi più alti (secondo alcune stime in area 4%) nel frattempo la società ha alzato ricavi e margini per un combinato di inflazione sui prezzi e crescita del business. Insomma, il costo del nuovo debito è direttamente proporzionale alla crescita dei numeri di bilancio del gruppo. Questo vale anche per altri emittenti, soprattutto industriali, che dovranno rifinanziare il debito in scadenza nei prossimi mesi.

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1308:41 nov 2023

 

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